Cyberpunk: Edgerunners, una recensione sul filo del rasoio

2022-09-17 07:02:42 By : Mr. Russell zheng

Netflix ha sempre giocato al terno al lotto con la definizione di “serie anime originali” ed ha ricevuto la sua giusta dose di fortuna e di calci nei denti nel corso degli anni. A forza di sbagliare, qualcosa nel processo creativo si sblocca (si deve sbloccare, altrimenti la perdita monetaria è esorbitante): mentre alcuni di questi prodotti sono stati gettati nel dimenticatoio con un grosso timbro “damnazio memoriae” stampato sopra, altri invece hanno goduto dei plausi di un pubblico che li trovava audaci, vibranti e innovativi. Sembra che Cyberpunk: Edgerunners rientri in quest’ultimo caso tutto sommato. Annunciato anche prima dell’uscita di Cyberpunk 2077, nel giugno 2020, Edgerunners è una serie animata in 10 parti frutto di una collaborazione tra CD Projekt Red, Netflix e Studio Trigger, quest’ultimo già creatore di Gurren Lagann e Kill la Kill. Dopo questo inizio scoppiettante, vi invitiamo a seguirci nella nostra recensione: rimanete sintonizzati, Choombas!

Cyberpunk: Edgerunners avviene contemporaneamente agli eventi del videogioco Cyberpunk 2077 e segue la storia di un ragazzino di strada di nome David Martinez che, come la maggior parte degli abitanti della fascia povera di Night City , viene costretto a sbarcare il lunario come meglio può: la criminalità organizzata ha sempre qualcuno disposto a fare da carne da macello, così David si unisce a un gruppo di eccentrici mercenari chiamati edgerunner coinvolti in un giro di grosse cyber rapine. Se dai trailer apparivano preponderanti le forti componenti di violenza, azione e sesso digitale, dalla visione appare ben presto evidente che queste scene fanno da collante ad una storia molto più elegante e profondamente intima: seguiamo David nel suo percorso di trasformazione fisica ed emotiva, da ragazzo di strada sfortunato ed un po’ impacciato a quasi uomo fatto e finito. Mentre Cyberpunk 2077 segue la storia di V, un mercenario già adulto che benomale conosce l’ambiente tossico di Night City e si sa gestire tra le strade al neon, Edgerunners si propone di seguire un adolescente che frequenta una scuola superiore privata firmata Arasaka. Certo, la premessa non è delle più originali (anzi, quello dell’ambiente scolastico è il modello più usato e sfruttato dagli anime) ma Cyberpunk: Edgerunners la usa capovolgendola a suo vantaggio, trasformandola in un’opportunità per parlare di transumanesimo deviato e di nuove dimensioni, di capitalismo e di politica in un mondo che si arricchisce sulle spalle di una popolazione ultra-espansa e iper-sfruttata, dalle più differenti derivazioni etniche, che cerca unicamente di sopravvivere nello scegliersi di che male vivere – criminalità spicciola o megacorp miliardarie che raccimolano dati, trasformando i corpi e le menti delle persone in valore economico.

Nei primi episodi dello show, vediamo come la disuguaglianza di reddito affligge il paradiso di cromo superficialmente brillante di Cyberpunk: Edgerunners, specialmente influendo sulla vita dei giovani. Sebbene David frequenti una scuola privata, pagata col sudore della fronte della madre Gloria, i tentativi di uniformare gli studenti attraverso semplici metodi quali uniformi e oggettistica standardizzata non riescono ad offuscare il fatto che sia un poveraccio che vive in affitto in un megablock, oggettivamente subendo il bullismo dei suoi compagni di classe yuppie ben consci della differenza sociale e del loro calibro. David deve vendere il prodotto dei suoi piccoli furtarelli al mercato nero per permettersi impianti mediocri con cui cavarsela a scuola, e sebbene mantenga sempre un atteggiamento da ragazzetto arrogante, si capisce benissimo come la facciata costituisca uno scudo a fronte delle discriminazioni quotidiane. Avete presente le superiori? Prima della pandemia, quando vi deridevano perchè non portavate costose magliette Lacoste o scarpe alla moda, perchè avevate il quaderno meno costoso sul mercato, le matite dell’Ikea e una gomma usurata probabilmente ereditata dall’astuccio malandato di vostro padre. Oppure dopo la pandemia, quando avere una connessione internet funzionante durante una lezione era un lusso ed in caso contrario, si costituiva un fastidio per tutti, alimentando un’odio infondato. Nemmeno la scomparsa improvvisa di un parente caro – oscenamente cruda, che blocca il respiro in gola – genera simpatia negli avidi figli di una corp che lo circondano (ndr. esseri inutili con impianti inutili). Cos’altro rimane a David, se non racimolare le forze con l’unica “prospettiva” di pagare le spese mediche e l’affitto? Fortuna vuole che il ragazzino abbia un incontro casuale con Lucy, una ladruncola dai capelli in luminosa fibra ottica, che lo presenta a una banda di edgerunner. Quello che avviene da qui in poi (e quello che abbiamo volutamente omesso per non rovinarvi lo spettacolo) lo dovrete scoprire da soli. Probabilmente vi brucerete le retine e perderete un po’ della vostra sanità mentale nel mentre, ma non ne rimarrete delusi.

Cyberpunk: Edgerunners è la quintessenza del meglio che lo Studio Trigger ha da offrire al mondo. Ha l’uso stilistico del testo sovrapposto a blocchi (che incorpora elegantemente elementi dell’HUD di gioco del 2077) di Kill La Kill, i doppi primi piani estremi di Gurren Lagann e il paesaggio urbano pastellato ricavato direttamente dalle ambientazioni di Cyberpunk 2077. I disegni che si deformano, le espressioni estreme dei personaggi e le palette sgargianti mantengono la loro qualità per tutta la durata dello spettacolo, così come le animazioni che alternano sequenze in movimento a velocità folle ad altre statiche, curate e piene di significato. E’ sicuramente un prodotto troppo denso di Easter egg (la presenza sel saggio e illuminato monaco zen tanto per dire, oppure il diretto riferimento dei primi minuti ai primissimi trailer del gioco, con l’intervento della Max-Tac in un’area di interesse) per chi non ha una familiarità almeno superficiale col mondo del gioco, ma può essere un buon primo approccio per chi si trova ancora indeciso, ed un ottimo anime per i giocatori di Cyberpunk 2077 o di Cyberpunk in generale. A differenza di molti altri colleghi su Netflix, Cyberpunk: Edgerunners mantiene un ritmo serrato con episodi di circa 20 minuti, molto corti per la media generale. Questo fa’ sì che il racconto si possa svolgere con continuità senza allungare il brodo, mantenendo alta la concentrazione di chi lo guarda. Imaishi è il regista di questa serie, assieme ai suoi storici collaboratori Masahiko Otsuka, autore della sceneggiatura assieme a Yoshiki Usa, e Yoh Yoshinari, responsabile del character design. A completare questo dream team dell’industria dell’intrattenimento giapponese troviamo Akira Yamaoka, la mente dietro alle indimenticabili musiche di Silent Hill, che mescola sapientemente ritmi internazionali (la psichedelica e sgargiante sigla di apertura è accompagnata dalla canzone “This Fffire” degli scozzesi Franz Ferdinand), brani strumentali e pezzi cantati.

Cyberpunk: Edgerunners ha stile e sostanza, richiama le iconiche atmosfere di Akira e Ghost in the Shell senza cadere nella scontatezza di altri prodotti cyberpunk, al contempo raccontando una storia originale ambientata nel mondo del videogioco associato – usando termini specifici, modi di dire, luoghi, nomi, rimanendo tuttavia un prodotto usufruibile a parte. Le tipiche buffonate ironiche di Studio Trigger sono ancora presenti per tutti gli amanti di lunga data, ma vengono modulate in modo da lasciare allo spettatore il tempo di contemplare, assimilare e capire cos’è successo. Qualche attimo di riflessione e poi si riparte più convinti di prima, con un’azione roboante, cruda e dolorosa. Buono il doppiaggio giapponese e quello italiano, ben tradotto in ogni sua parte. Se invece avete voglia di vederlo in inglese, nel cast troverete il superlativo Giancarlo Esposito (Gus Fring di Breaking Bad) a ricoprire i panni di Faraday. Arcane aveva già precedentemente dimostrato come gli adattamenti dei videogiochi potessero portare un nuovo flusso vitale ai lungometraggi e ai prodotti su schermo, oltre che nuova fortuna alle piattaforme di streaming (ne avevamo parlato qui ). Cyberpunk: Edgerunners ha rincarato la dose. Speriamo che questo sia di ispirazione per Netflix, che in più di qualche momento passato ha preso la direzione della riproposizione in stile live action piuttosto che concentrarsi su prodotti di qualità o nuove espressioni di generi già noti.

Cyberpunk: Edgerunners è esattamente quello che ci si aspettava da una collaborazione tra CD Projekt Red e Studio Trigger. Un anime adrenalinico, emozionante, intenso che traspone il mondo cyberpunk tratteggiato dallo studio polacco in un prodotto interessante e qualitativemente sopra la media. Dopo i primi cinque episodi si percepisce un certo rallentamento nel comparto narrativo, che porta ad una risoluzione secca degli eventi. A qualcuno potrebbe dare fastidio, mentre altri si potrebbero trovare delusi dal mancato approfondimento di personaggi secondari molto particolari. Cyberpunk: Edgerunners ha i suoi limiti, ma fa quello che deve fare, intrattiene e non manca di stupire col suo fare tamarro, sempre sul filo del rasoio. Certamente lo Studio Trigger e gli sceneggiatori non mancano di idee da sviluppare in un secondo momento, per cui aspettiamoci altre storie in futuro.

Giocatrice di ruolo e videogiocatorice vorace. Le piace sparire dal vivo quanto fare il ladro o muoversi nello stealth. Amante degli horror (nonostante poi non ci dorma per sua stessa ammissione) e dei gdr.

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