Gli outfit dello US Open 2022

2022-09-17 07:03:22 By : Ms. June Qian

Slam newyorkese a tinte scure per i grandi campioni, poche scelte estrose per gli altri giocatori

Ultima fermata New York. La grande mela, la città che non dorme mai. Quella con le luci accese anche di notte. Quella del melting pot e di Wall Street. Ma anche quella delle nuove tendenze in fatto di moda. Lo sanno anche le grandi marche di abbigliamento da tennis che hanno fatto spesso indossare ai loro atleti i completi più stravaganti e controversi proprio durante gli US Open. Come dimenticarsi ad esempio degli short di jeans di Agassi o degli stivali da pantera di Serena. E anche quest’anno i brand non si sono smentiti, a colpi di scelte cromatiche vistose e tagli particolari.

Questo US Open era per Serena la “last dance”, l’ultimo torneo prima del ritiro, davanti al proprio pubblico, quello dell’Arthur Ashe Stadium. E forse non è un caso che per l’occasione, la più giovane e più vincente delle sorelle Williams ha indossato un abito ispirato alla disciplina sportiva che più si avvicina la danza, ovvero il pattinaggio artistico: gonna a tutu, parte superiore stretta e maniche coperte. Il colore è il nero, quello più volte indossato dalla campionessa statunitense durante le sue vittorie serali a Flushing Meadows. Ad arricchire (nel vero senso della parola) questo look ci sono le paillette nel vestito, 400 (!!!) diamanti nelle scarpe e qualcuno anche nei capelli, lacci delle scarpe placcati in oro. Con questo outfit Serena non ha voluto però solo mettere in mostra la quantità di zeri nel suo conto in banca ma anche celebrare la sua straordinaria carriera ed esperienza di vita. I sei veli nella gonna sono un riferimento ai 6 US Open vinti, i diamanti nelle scarpe servono a formare le parole “Queen” e “Mama”. Insomma, più che davanti ad un semplice completo di tennis siamo di fronte ad uno statement a tutto tondo, che ribadisce come Serena sia un icona che trascende il mondo del tennis e, forse, persino quello dello sport in generale. (Valerio Vignoli)

Luci e ombre su Rafa quest’anno a New York e non solamente perché è uscito per mano di Tiafoe agli ottavi di finale, ma anche per gli outfit indossati. Promosso infatti a pieni voti il completo diurno con pantaloncino rosso magenta e maglia bianca, scarpe intonate al pantaloncino. Una scelta estiva, elegante che si sposa perfettamente con l’esplosività di Nadal. Bocciato invece l’outfit serale. Se infatti possiamo apprezzare la scelta del rosa per fascia e polsini, il color “vino” di maglietta e pantaloni è spento, triste, inadatto a un campo da tennis. Un colore simile, seppur in tonalità più chiara, era già stato portato a Flushing Meadows da Roger Federer nel 2018, quando proprio durante una sessione serale venne sconfitto inaspettatamente da John Millman. Apprezziamo, però, sempre ad ogni Slam il tocco di classe sulle scarpe dove Nike, oltre a scrivere il nome di Rafa, incide gli anni delle sue vittorie a New York: 10, 13, 17 e 19. Come dire, per non dimenticare… (Chiara Gheza)

Una collezione grintosa ma poco entusiasmante al tempo stesso. Appropriato il rosso acceso della t-shirt di ‘Carlitos’ Alcaraz che, del resto, simboleggia il “fuego” in campo dello spagnolo, nuovo campione di New York, nonché n. 1 del mondo più giovane della storia. Tuttavia, le fasce laterali color vinaccia non si sposano al meglio con il rosso, così come le maniche bianche rendono il tutto un po’ banale.

Forse sarebbe da rivedere la scelta degli abbinamenti cromatici, anche per quanto riguarda l’outfit indossato da Aryna Sabalenka, semifinalista allo US Open. La fascia rossa laterale del top altera decisamente l’estetica della canotta – bianca e classica – e del gonnellino – di un bel color rosa ciclamino e dalle pieghe leggere. (Laura Guidobaldi)

Iga Swiatek vince gli US Open a soli 21 anni, compiuti lo scorso 31 Maggio, e diventa il nuovo volto del tennis femminile dopo una stagione trionfale. Asics nella sua collezione autunnale scegli per lei un leggero color Tiffany, niente di più in linea con New York ammettiamolo, che si sposa perfettamente con il tessuto impalpabile del gonnellino. La canotta fin troppo classica sul davanti, recupera con un gioco di tessuto sulla schiena. L’outfit di Iga insomma ci piace molto e si adatta perfettamente a lei: sobrio, ma incisivo. Forse le scarpe azzurro chiaro non si sposano granché ma è solo un dettaglio. Infine il cappellino è ormai parte integrante di Iga, tanto che senza diventa quasi difficile riconoscerla. Asics dovrebbe quindi pensare a questo e sbizzarirsi nel disegnarne di speciali per la sua campionessa. (Chiara Gheza)

Casper Ruud, neofinalista dello US Open, dall’atteggiamento sempre classy, avrebbe forse meritato un completo più raffinato. Certo, la maglietta evoca l’energia del suo tennis ma il color vinaccia dominante, che sfuma verso il beige e il rosa nelle strisce oblique, non è tra i più adatti per l’atmosfera frizzante di Flushing Meadows. Il bianco, comunque, viene ad “addolcire” questo outfit geometrico e chiassoso al tempo stesso, conferendogli quel tocco di eleganza che tanto dona al 23enne norvegese. (Laura Guidobaldi)

Hugo Boss e Berrettini: che dire? Sono ormai una garanzia su ogni campo da tennis. Anche a New York Matteo è perfetto in bianco e nero con un dettaglio beige. Elegante, classico, esclusivo. Su di lui anche il cappellino portato con la visiera all’indietro, che potrebbe fare Jovanotti anni 80, è invece perfetto. Hugo Boss ha compreso le potenzialità di Berrettini e le sta usando magistralmente. Il suo outfit di questo US Open entra di diritto negli outfit più raffinati che si possano indossare per praticare un qualsiasi sport. Complimenti. (Chiara Gheza)

Lacoste è sinonimo di polo. Per non dire che la polo è sinonimo di Lacoste. E allora c’è di che stupirsi a vedere Daniil Medvedev, tennista di punta del marchio francese, indossare una t-shirt in campo. E che t-shirt, verrebbe da dire. Probabilmente quello visto a New York è il miglior outfit indossato dal russo in questa per lui non semplice stagioni 2022. La maglietta è blu avio con diversi panelli e un motivo geometrico tono su tono, che dà un tocco di originalità e modernità. Impeccabile l’accostamento con pantaloncino navy. Per la sessione notturna il moscovita ha sfoggiato lo stesso completo a colori invertiti, con maglietta navy e pantaloncino avio. Ma il risultato non era altrettanto buono (Valerio Vignoli).

Per questo US Open, Adidas ha creato una collezione con l’emergente fashion designer sudafricano Thebe Magugu. I completi rimandano all’africa per via dei loro colori sgargianti (fucsia, bianco panna e arancione) e per il profilo di una donna di colore, con una folta chioma di capelli e il rossetto. L’intenzione, più che lodevole, è quella di mandare un messaggio di inclusività e di amore, in un periodo in cui se ne sente molto il bisogno. Gli outfit però nel loro complesso non convincono del tutto tra tagli piuttosto basilari e accostamenti di colori azzardati. In definitiva, meglio nella teoria che nella pratica questa collezione del brand delle tre strisce per l’ultimo slam dell’anno.

Venus Williams – Eleven by Venus Williams

Venus Williams non si smentisce nemmeno quest’anno e a New York regala una lezione di classe ed eleganza con un outfit verde, complicato da indossare per chiunque tranne che per Venere, come la ribattezzò Gianni Clerici. Top cortissimo e gonnellino hanno un sapore quasi vintage per via delle righe bianche che attraversano il total green. Il colpo di classe però è nello scaldacuore candido, con le maniche lunghe, con il quale Venus inizia il match di doppio. Ancora una volta inarrivabile. (Chiara Gheza)

Coco Gauff e i suoi outfit, un binomio vincente. La New Balance, infatti, con i suoi outfit esprime sempre al meglio il carisma e la bella personalità della 18enne americana. Inoltre, non manca mai l’eleganza unita all’originalità. Per questo US Open, il tocco d’eleganza è dato dal gonnellino a scacchi neri, leggero ed etereo nel tessuto, ma grintoso nella tinta e nella fantasia. Peccato, però, che, in questa occasione, la maglietta non sia all’altezza delle aspettative. Tanti elementi eterogenei messi insieme creano un mélange un po’ troppo chiassoso: le maniche bianche bucherellate, le fasce laterali rosse, disegni obliqui color lilla, verde chiaro e azzurrino che ricordano petali di fiori sullo sfondo a scacchi neri, i polsini gialli e la fascia per i capelli a scacchi neri e bianchi… Insomma, sono decisamente too much. Peccato. (Laura Guidobaldi)

Per la prima volta in carriera, la dolce e graziosa Ajla ha raggiunto i quarti di finale allo US Open. E ha brillato non solo grazie al suo tennis ma anche per l’eleganza che ha sfoggiato in campo. Tomljanovic ha sempre e comunque un portamento aggraziato e il brand americano Original Penguin, con i dettagli dello stile per golfisti, realizza sempre completi di gran classe. E a lei stanno a pennello, proprio come il vestitino indossato a Flashing Meadows, raffinato e sbarazzino al tempo stesso, grazie all’eleganza del blu elettrico, vivacizzata quanto basta dalla fantasia bianca e rosa del corpetto e della gonna. Leggero, etereo e fresco, proprio come Ajla. (Laura Guidobaldi)

Scanagatta: “Due a zero sull’avversaria più temuta. Difficile a questo punto che l’Italia non si qualifichi per le finali a 8 di Malaga”

Coppa Davis: Gran Bretagna – USA 1-2. Vince Paul, Fritz si fa rimontare da Norrie, decide il doppio a notte fonda

Dopo il KO con gli Usa è ancora il doppio a tradire gli uomini di Smith. Murray e Salisbury sconfitti da Koolhof/Middelkoop 6-3 al terzo. Non basta la vittoria di Evans, delude Norrie contro il coriaceo Van De Zandschulp. Per il team orange, sabato con gli Stati Uniti la sfida per il primato nel girone

Olanda b. Gran Bretagna 2-1

E’ ancora il doppio a rivelarsi l’anello debole della squadra britannica di Coppa Davis, dopo che già nella scorsa edizione della competizione non era riuscita a confermare la semifinale ottenuta nel 2019 perdendo proprio al doppio decisivo contro la Germania, si è ripetuta quest’anno nonostante potesse sfruttare il fattore campo a sua disposizione. Prima il KO con gli Stati Uniti, poi la definitiva resa sotto i colpi dei Paesi Bassi. In entrambi i casi, l’incontro si è deciso al terzo rubber e con la sconfitta patita nel parziale finale. Un problema, quello del doppio, paradossale per la Gran Bretagna se si considera che può contare su due dei primi quattro giocatori di specialità, i quali fra l’altro si sono scontrati, con compagni diversi al seguito, nella recente finale dello US Open; tuttavia Skupski non è mai stato preso in considerazione preferendogli sempre Murray. Ma oggi l’altra grande nota negativa è stata rappresenta dal n. 1 Norrie, autore di una prestazione al di sotto delle sue possibilità. Ciò nonostante grandissimi meriti alla compagine orange, che ha dimostrato tutto il suo valore e che certamente a Malaga sarà una mina vagante ed un avversario che tutte vorranno evitare: due singolaristi solidi, ed un doppio più che collaudato. Però la copertina di oggi se la prende indiscutibilmente Matwe Middelkoop, che a 39 suonati ha fatto vedere cosa vuol dire essere un doppista con la D maiuscola. Adesso l’Olanda contenderà agli USA nella sfida di domani il primato, mentre per Sir Andy e compagni la magra consolazione di battagliare domenica per il 3° posto del raggruppamento.

Quarta giornata di gare all’Emirates Arena di Glasgow, con in campo i padroni di casi chiamati al riscatto dopo la sconfitta subita al debutto per mano degli Stati Uniti d’America. Il team guidato da Leon Smith non può più sbagliare poiché a causa del successo maturato ieri in Scozia, che ha visto la seconda affermazione in fila della squadra capitanata – per l’occasione – da Bob Bryan ai danni del Kazakistan, qualora incassasse un ulteriore KO avrebbe matematicamente perso qualsiasi possibilità di qualificarsi per la Fase Finale della Coppa Davis 2022, di scena a fine novembre in quel di Malaga. Dunque uno scenario di questo tipo garantirebbe al Team USA e ai Paesi Bassi – avversari odierni di Murray e soci, dopo il successo sui kazaki – di potersi giocare nello scontro diretto di domani il primo posto del girone, affrontando la sfida con la consapevolezza e la tranquillità di sapere che anche un eventuale sconfitta non metterebbe a rischio l’accesso ai quarti della competizione. Questo perché un trionfo della nazionale orange porterebbe gli uomini di Paul Haarhuis a due ties vinti, così come gli Stati Uniti, mentre lascerebbe sul fondo del raggruppamento ancora a 0 incontri vinti sia il Kazakistan che i britannici.

Perciò il peso sulle spalle con il quale i membri del Team di Sua Maestà, hanno approcciato alla sfida contro l’Olanda è stato certamente non indifferente. Mettiamoci pure che l’avvicinamento non è stato dei migliori – dopo le lamentele per nulla velate di Sir Andy, che si è scagliato contro l’organizzazione -, e ci si rende conto come il compito per la squadra di casa non era per nulla semplice. Inoltre a rappresentare un altro fattore di pressione, l’ovvia spinta del pubblico nel cercare di sostenere al massimo i loro beniamini affinché potessero omaggiare degnamente la scomparsa di Queen Elizabeth II, attraverso il pass per l’Andalusia.

D. Evans b. T. Griekspoor 6-4 6-4

A varcare per primi l’ingresso dell’imponente impianto scozzese – teatro nel recente passato di diversi memorabili scontri di Davis, specie in quel magico 2015 – sono come da regolamento del nuovo format, i rispettivi numeri due delle formazioni impegnate: Daniel Evans e Tallon Griekspoor. Era il primo confronto diretto in assoluto tra i due giocatori, i quali venivano da uno scorcio di stagione sul cemento americano diametralmente opposto. Il 32enne di Birmingham, oltre al 3°T ottenuto allo US Open – eliminato da Cilic -, aveva brillato particolarmente tra Washington e Montreal conquistando prima i quarti e poi soprattutto la semifinale in Canada, nel torneo ‘1000’ delle sorprese si arrese soltanto al futuro vincitore Carreno Busta. Ciò nonostante difendendo i colori del proprio Paese ha racimolato una sconfitta all’esordio contro Paul, pur disputando un ottimo match perso solo al terzo set. Mentre al contrario il suo avversario odierno aveva ottenuto una vittoria, seppur molto sofferta, ai danni del veterano Kukushkin. Dunque arrivavano al duello odierno con sensazioni completamente differenti, ma come si sa in Coppa Davis l’esperienza conta e non poco.

Ebbene se si va a spulciare il kilometraggio di Dan e Tallon in questo evento, si può osservare un netto divario di abitudine nel giocarlo: Evans, anche per via dei suoi sette anni in più, ha esordito nel lontano 2009 ricevendo in totale 16 convocazioni e prendendo parte a 21 incontri, con un bilancio di 10 vinti e 19 persi – match disputati tutti in singolare -; il 25enne di Haarlem invece ha debuttato nel 2019 ed è stato chiamato dalla propria nazionale nove volte, scendendo in campo in 7 ties con un bottino di 3 partite vinte e altrettante perse. Quindi nonostante il peso di un intero Regno sul groppone, Evans ha mantenuto fede al suo ruolo di favorito proprio in virtù dell’esperienza accumulata, in questi anni, da Davisman. Un doppio 6-4 in 1h42’ portato a casa dall’istrionico Daniel attraverso una sviluppata capacità di gestire, e di trascinare verso poli favorevoli, i diversi momenti che un incontro di questo tipo propone. Il n. 25 ATP ha saputo disinnescare, con i suoi malefici tagli e il suo inconfondibile stile d’antan, la maggiore potenza dell’olandese. Quest’ultimo, tennista dotato di grande solidità da fondo e di un servizio di primo ordine oggi è stato tramortito non potendo fare pieno affidamento alla propria cilindrata superiore.

Saper leggere le varie fasi di un match, non è qualità comune poiché presuppone di riconoscere – ed in particolar modo di accettare – quand’è il momento di premere sull’acceleratore attaccando con coraggio e quando invece – contrariamente – bisogna mettersi lì, soffrire ed essere in grado di mostrare quell’umiltà necessaria e propedeutica a far passare la marea riemergendo indenni. Ed è proprio seguendo questo monito interiore che il n. 2 di Gran Bretagna riesce prima a sventare l’insidia dei vantaggi sul 4-4, per poi trovare alla seconda chance utile – aveva avuto una palla break nel game d’apertura – la zampata decisiva nel successivo gioco, con il break prontamente confermato che ha posto fine al parziale. Nel secondo set, tuttavia, il primo ad offrire opportunità di break, sullo 0-1, è stato il nativo di Birmingham; il quale però ancora una volta si è dimostrato più cinico cancellando l’occasione al n. 48 del mondo e ottenendo lo strappo finale nel settimo game. Chiusa, dopo un po’ di suspense conclusiva, la partita al terzo match point: Evans ha potuto liberare tutta la sua gioia, ripagando la scelta del capitano di averlo riconfermato nonostante la sconfitta patita con gli USA.

B. Van De Zandschulp b. C. Norrie 6-4 6-2

La palla adesso passava di testimone, al n. 1 del Team di casa Cameron Norrie. Il mancino giramondo da Johannesburg ha sulla propria racchetta la possibilità di chiudere il tie e regalare il punto che terrebbe vive le speranze british di qualificazione. L’altro protagonista del secondo rubber è il n. 35 del ranking Botic Van De Zandschulp, capofila del movimento tennistico d’Olanda. Un solo precedente, ma assolutamente degno di nota sia per la superficie sulla quale si è materializzato che soprattutto perché disputatosi pochissime settimane fa: poco più di un mese fa sul cemento nordamericano di Montreal ad imporsi nei sedicesimi di finale in maniera nettissima, lasciando per strada tre miseri game, fu il campione d’Indian Wells 2021. Un’affermazione che diede il là ad un grande percorso da parte di Cam, che si spinse addirittura sino alla semifinale battendo il – futuro – n. 1 mondiale Alcaraz e dovendo inchinarsi solamente dinanzi ad uno scatenato Coric. Il n. 8 delle classifiche raggiunse così l’ennesimo eccezionale traguardo, di un’estate magnifica per lui: considerando la finale conquistata a Los Cabos e, sopra ogni cosa, lo storico penultimo atto di Wimbledon. Tutto perciò lasciava presagire, visto anche le 25 posizioni di distanza in classifica, un risultato favorevole per il tennista di origini sudafricane. Ma mai dare per scontato un match in Davis, specialmente quando la vittima sacrificale è l’emblema del giocatore tignoso e ostico per eccellenza: BVDZ ha difatti ammutolito il pubblico di casa, liquidando Norrie in neanche un’ora e mezza di partita con lo score di 6-4 6-2.

Il 26enne di Wageningen usufruendo alla perfezione del suo tennis a tutto campo, che lo vede ben esibirsi sia quando deve comandare da fondocampo spingendo a velocità sostenute negli scambi prolungati sia invece in quei frangenti in cui gli è richiesto di prendere la rete anche con puntuali discese in controtempo o ancora di variare con la smorzata, ha rotto gli indugi brekkando nel terzo game. L’allungo si è rivelato decisivo, con il tennista orange che ha persino sfiorato il doppio vantaggio sul 3-1: l’unico momento di reale sofferenza è giunto nel decimo game, dove Cameron trascinato dall’intramontabile tifo dei suoi connazionali ha frantumato la bellezza di tre set point. Bravo e freddo comunque Botic, che non si è fatto distrarre più di tanto sigillando la frazione al quarto tentativo. Sostanzialmente lo scontro è terminato qui, il secondo set si è infatti rivelato totalmente a senso unico: servizio strappato dall’olandese nel primo e nel settimo gioco, per regolare definitivamente i conti. Il mancino di casa deve così abbandonare inopinatamente il campo, deluso per l’opaca prestazione offerta, nella quale praticamente mai è stato in grado di far valere le sue armi: il rovescio filante, il dritto arrotato e le infide traiettorie alla battuta.

W. Koolhof/M. Middelkoop b. A. Murray/J. Salisbury 7-6(0) (6)6-7 6-3

A Glasgow, allora, bisogna ancora soffrire fino allo sfinimento, sudare le proverbiali sette camicie per gli appassionati accorsi all’Emirates Arena. La loro speranza è che in questo caso il doppio sia portatore di felicità e gioia, e non di un’amarezza acuita dalle tante ore passate a sostenere – inutilmente – i loro rappresentati. Per i capitani, nessuna variazione, coppie confermate; fra l’altro le stesse ammirate nelle loro prime uscite. In campo tre specialisti della disciplina, e poi lui: l’incommensurabile “uomo dall’anca d’acciaio”, non sazio di correre e spendere energie per la Gran Bretagna, con la grandezza dei campioni di accettare anche un ridimensionamento del suo ruolo all’interno delle dinamiche e delle gerarchie di squadra – da prima punta indiscussa, a doppista titolare -. Andy Murray e Joe Salisbury contro Wesley Koolhof e Matwe Middelkoop: i britannici sono al loro quarto match assieme, prima della dolorosa sconfitta patita con Ram/Sock martedì, avevano giocato in coppia solamente in occasione dei Giochi Olimpici di Tokyo dove ben figurarono superando due accoppiate molto forti come i francesi Herbert/Mahut e i tedeschi Krawietz/Puetz prima di soccombere per mano della successiva medaglia d’argento Cilic/Dodig. Wesley e Matwe hanno invece giocato uno affianco all’altro ininterrottamente per due stagioni, tra il 2016 e il 2017, con in seguito una reunion isolata tre anni fa per il ‘500’ di Halle dove però hanno perso subito da Kubot e Melo.

Dunque da un lato una coppia con certamente più affinità ma che oramai è piuttosto datata, dall’altra un duo con meccanismi meno oleati tuttavia messi in piedi appena l’estate passata per l’Olimpiade giapponese. Inoltre un ulteriore ed interessante chiave di lettura è data dal fatto che Salisbury e Koolhof si sono recentemente affrontati in finale allo US Open: a spuntarla è stato il giocatore inglese, che con l’americano Ram ha superato l’olandese e Neal Skuspki – anche lui a disposizione di Smith, n. 3 di specialità, ma gli è sempre stato preferito Murray -. Il doppio di casa ha grandissima voglia di rivalsa, dopo aver sprecato il vantaggio di un set e un break contro Team USA, e difatti parte fortissimo. Break immediato e 3-1 a favore della coppia britannica, con un Murray incandescente e straripante che a suon di difese miracolose, lob in precario equilibrio, riflessi pazzeschi al volo e risposte d’antologia; traina con sé il proprio compagno ed il pubblico. Il match sembrava ben indirizzato, addirittura il duo casalingo si costruisce una palla per il doppio break – non concretizzata – ma all’improvviso qualcosa inizia a scricchiolare. I rapporti di forza dell’incontro sono chiarissimi, due specialisti di altissimo livello – Salisbury n. 1 di doppio, Koolhof n. 4 di specialità – un campionissimo che si adatta alla grande al doppio, anche se non è più al massimo delle sue potenzialità, ed infine un veterano della disciplina ormai in là negli anni – 39 anni per Middelkoop ma comunque n. 24 della classifica -. Ci si aspetta quindi che a decidere la contesa siano le performance di Murray e Middelkoop, tuttavia un poco prevedibile calo vertiginoso di Salisbury permette il contro-break nell’ottavo game. A quel punto si arriva al tie-break, e qui sale in cattedra proprio Matwe: l’eroe che non ti aspetti gioca un gioco decisivo allucinante, volée in tuffo straordinarie e recuperi rialzandosi da terra spettacolari. I Paesi Bassi dominano per 7 punti a 0, dopo 54 minuti lo psicodramma britannico inizia ad aleggiare.

Le due coppie cancellano tre palle break nel corso della seconda frazione, una gli olandesi nel sesto game e due – che poi si riveleranno pesantissime – Murray/Salisbury in quello immediatamente successivo. Dopodiché i servizi diventano impenetrabili, almeno fino al deciding game, dove si assiste ad un qualcosa di surreale: 6 mini-break, tre per parte, in 13 punti. Sul 6-5 match point per Koolhof/Middelkoop, ma il fondamentale d’inizio gioco britannico risponde presente. Frantumato il punto che avrebbe sancito la loro eliminazione, i due sudditi di Sua Maestà con tutta l’adrenalina che hanno in corpo sparigliano le carte centrando il settimo mini-break – del tie-break – e per 8 a 6 dopo 1h10’ di durata del parziale, rimandando ogni discorso al set finale. La frazione finale è magnifica, il livello della partita cresce esponenzialmente – anche il precedenza però il match è stato di alto profilo -: si possono sgranare gli occhi davanti a scambi durissimi, emozionanti e sempre sul filo del rasoio con tutti e quattro i giocatori a sfidarsi a rete. Ogni punto è una storia a sé, e inevitabilmente porta in dote un carico emotivo importante visto che ogni quindici può essere quello determinante a fini del tie. Due game maratona nel terzo set, con entrambe le coppie che superano un paio di break point a testa. L’equilibrio viene spezzato, senza più possibilità di essere ricucito, sul 4-3: a breakkare sono gli olandesi, che in seguito suggellano una grandissima performance – per nulla scontato reagire al match ball sfumato andando a vincere 50 minuti dopo la prima chance avuta – per 6-3 dopo quasi tre ore di gioco. Paesi Bassi ai quarti, Gran Bretagna eliminata.

Goffin porta ai suoi il pareggio dopo la vittoria di Struff. Nel doppio, gran rimonta di Krawietz e Puetz sotto di un set e 2-5 nel tiebreak del terzo

J-L. Struff (GER) b. Z. Bergs (BEL) 6-4 7-6(9) D. Goffin (BEL) b. O. Otte (GER) 3-6 7-6(7) 6-3 K. Krawietz/T. Puetz (GER) b. S. Gille/J. Vliegen (BEL) 4-6 6-2 7-6(5)

Dopo aver accarezzato la possibilità di una sconfitta, la Germania di rimonta vince il doppio e chiude 2-1 la sfida con il Belgio. Una vittoria che era stata a un punto nel singolare con Otte, ma il tennis e la Coppa Davis alle volte sono crudeli e ti portano a due scambi dalla sconfitta. Sport che diventa crudele per il Belgio, alla fine, celestiale per la Germania.

STRUFF PARTE BENE, MA SOFFRE NEL SECONDO SET – Amburgo abbraccia la Germania tennistica impegnata nella sfida contro il Belgio. Nel primo singolare di giornata vittoria netta anche se sofferta per il n. 2 tedesco Jan-Lennard Struff che batte in due set Zizou Bergs con il punteggio di 6-4 7-6(9). E’ sfida tra il n. 132 del ranking e il n. 134, ma l’esperienza di Struff e il tifo del pubblico di casa alla fine fanno la differenza.

Il servizio, contrariamente alle attese, non è un fattore nel primo set. Si comincia e ci sono cinque break consecutivi. Il primo a consolidare l’opportunità del break è Struff che, però, nel sesto game deve cancellare altre tre palle break. Ne nasce una sfida ancor più equilibrata, dove Bergs soffre sul suo servizio. Annulla tre set point, ma poi nel turno di servizio successivo cede 6-4 il primo set. Bergs chiude il parziale con un dato eloquente: 52% di punti ottenuti con la prima, 25% con la secondo. Struff fa leggermente meglio con la seconda, quanto basta per portare a casa la prima parte di gara.

Nel secondo set si torna a numeri accettabili. Il belga si scrolla via la tensione, ma la differenza nel parziale la farà la concretezza nei momenti cruciali. Bergs non sfrutta sei palle break e nel tiebreak crolla sotto i colpi solidi di Struff.

Il belga ottiene anche in cinque ace e ottiene l’83% dei punti con la prima. L’andamento è assai equilibrato, il più sofferente appare Struff anche molto falloso nella parte centrale del set. Nel tiebreak ottiene il minibreak per primo, ma poi cede due volte di fila il servizio. Dal 4-4 in poi si segue la regolarità del servizio. Struff annulla due setpoint e chiude al terzo matchpoint trascinato dal pubblico di casa.

GOFFIN DALL’INFERNO AL PARADISO – Un Super Goffin tiene in vita il Belgio. Vittoria di rimonta per il tennista belga n. 1 che batte Otte in un pomeriggio che sa di scampato pericolo. Due i match point, infatti, che il tedesco non è riuscito a concretizzare. Dal Paradiso all’Inferno, alla fine sarà il doppio a decidere chi vincerà questa appassionante sfida. 2h e 9’ per il 3-6, 7-6(7), 6-3 con il quale il Belgio riequilibra la sfida.

Parte bene Otte che con la prima ottiene il 78% dei punti. Eppure è il belga a ottenere subito il break in apertura, ma Otte immediatamente fa suo il turno di servizio dell’avversario. Nel sesto game, Goffin pasticcia col dritto e il tedesco ne approfitta subito per scappar via. Basta il secondo setpoint per vincere la prima frazione. Il secondo set scivola via rapidamente seguendo i vari servizi. Otte soffre solo nel quarto game quando annulla una palla break ed è costretto a vincere il game ai vantaggi. Ma il tiebreak è pieno di emozioni perché Otte scappa via nell’euforia di Amburgo. Ottiene un matchpoint ma sul servizio di Goffin, il belga è bravo ad annullarlo. All’improvviso la gara cambia e lo fa quando il tedesco si paralizza, perde due volte il servizio e si consegna al belga.

Nel terzo set si fa sentire anche la stanchezza. Goffin arriva molto lucido e rapace. Alla prima palla break gela il pubblico tedesco e ottiene il break di vantaggio. Il belga non soffre più e ottiene anche il secondo break che gli vale il match.

DOPPIO DECISIVO – Il duo composto da Krawietz e Puetz batte in tre set quello belga con Gille e Vliegen con il punteggio di 4-6, 6-2, 7-6(5).

Il game chiave del primo set è il terzo. La coppia del Belgio serve l’86% di prime e mette in difficoltà gli avversari. Krawietz/Puetz perdono il servizio nel terzo game, avranno tre palle del controbreak, ma ogni volta arriva puntuale il punto diretto col servizio e la Germania finisce al tappeto.

Nel secondo set il pubblico trascina i padroni di casa. Si scambia poco e già nel secondo game alla prima occasione i tedeschi ottengono il break. Ottengono l’89% di punti con la prima, quanto basta per salvare una palla del controbreak. La seconda del duo Gille/Vliegen è ballerina e i tedeschi ne approfittano per chiudere 6-2.

Sale la tensione nel terzo set, la posta in palio è alta. La partita è dominata dai servizi e le due coppie limitano al minimo gli errori non forzati (7-5 il computo per i tedeschi). Ben 22 i colpi vincenti dei tedeschi contro i 16 della coppia belga. Poi l’incredibile succede nel tiebreak quando la coppia belga si porta avanti 5-2. I tedeschi a quel punto giocano il tutto per tutto e mettono in difficoltà a rete gli avversari. Il Belgio si pianta e non fa più un punto, la Germania festeggia chiudendo 7-5.

Il doppio azzurro non ripete l’impresa di due giorni fa contro Mektic/Pavic. Sconfitta comunque indolore con l’Italia già qualificata

M. Gonzalez/H. Zeballos b. S. Bolelli/F. Fognini 7-5 2-6 6-3

Per la prima volta da quando è a Bologna, l’Italia ha perso una partita in questa Coppa Davis. Dopo il 3-0 alla Croazia, infatti, le vittorie in singolare di Berrettini e Sinner avevano già consegnato il secondo successo consecutivo ai ragazzi di Filippo Volandri. È mancata, però, la ciliegina sulla torta, ossia un altro successo di Bolelli e Fognini. La coppia azzurra, però, si ferma dinnanzi ad un monumentale Horacio Zeballos – migliore in campo per distacco – inattaccabile al servizio e bravo a caricarsi sulle spalle un Maximo Gonzalez non sempre perfetto. Gli italiani partono con il freno a mano tirato, dilagano nel secondo set e hanno una palla break d’oro nel settimo game del terzo set, che però non sfruttano. Da quel momento, gli argentini si caricano e, conquistando gli ultimi tre giochi dell’incontro, mantengono vive le speranze della loro nazione. Che, se è ancora in gioco, deve proprio ringraziare il suo doppio, che fino a questo momento ha un bilancio perfetto.

IL MATCH – L’Italia non parte al meglio e nel secondo game deve subito annullare due palle break. Dopo un avvio un po’ incerto, però, gli azzurri infilano quattro punti di fila e tengono il loro primo turno di servizio. Anche nel quarto gioco gli italiani ne salvano due, ma alla terza chance gli argentini trovano un break meritato (per via di un dritto largo di Fognini), confermato poco dopo sul 4-1. Zeballos è letteralmente on fire, spalleggiato da un Gonzalez un po’ altalenante, ma al momento sufficiente. La formazione albiceleste concede appena un punto nei primi tre game al servizio. Gli uomini di Volandri sembrano inizialmente scarichi e hanno bisogno di un po’ di tempo per entrare in partita, ma alla prima chance utile non si fanno pregare.

Gonzalez concede la prima palla break dell’incontro e Zeballos non chiude ben tre smash: Fognini compie un mezzo miracolo in difesa, Bolelli rifinisce e, un attimo dopo, l’Italia opera l’aggancio: 4-4. La battuta del 37enne mancino di Mar del Plata continua ad essere inattaccabile, facendo registrare il terzo turno a zero consecutivo, emulato poco dopo anche da Bolelli. Il cammino sembra tracciato verso il tie-break, ma il bolognese sbaglia una volée di dritto sul 30-30 e, dovendo fronteggiare un set point, Fognini commette doppio fallo, consegnando il primo parziale gli argentini: 7-5.

Nonostante il set appena perso, sono i due azzurri a partire meglio nel secondo. È ancora Gonzalez a concedere un’opportunità di break, che il campione di Montecarlo 2019 non si fa sfuggire: risposta vincente e vantaggio consolidato sul 3-1. L’Argentina prova a rifarsi sotto nel sesto gioco, procurandosi un break point con una magia di Zeballos. Bolelli però al servizio è una garanzia: gli italiani ne annullano una seconda e, alla prima chance, allungano sul 4-2. Il set è totalmente indirizzato dalla loro parte e, grazie ad una favolosa risposta di Fognini, la coppia tricolore va a servire per rimandare ogni discorso al terzo, concretizzando con il 6-2 finale una seconda frazione di alto livello.

La frazione decisiva – molto più importante per gli uomini di Coria che per quelli di Volandri – è decisamente più equilibrata rispetto al secondo parziale, dominato da Bolelli e Fognini. Gli azzurri sono ormai lontani parenti dei giocatori apparsi stanchi e scarichi in avvio di partita, ma gli argentini – sfruttando il vantaggio di servire per primi – si mantengono sempre avanti nel punteggio. I primi sei giochi scorrono via senza particolari sussulti, ma sul 3-3 l’Italia ha una grande opportunità, riuscendo ad issarsi sul 30-40. Il turno di battuta (neanche a dirlo) è quello di Gonzalez, bravo però ad affidarsi ad numerose prime di servizio, che gli portano molti punti importanti e permettono all’albiceleste di mantenere la testa. Il game successivo è determinante: Bolelli è croce e delizia nei pressi della rete, ma è Fognini ad apparire incredibilmente spento. I vincitori dell’Australian Open 2015 non sfruttano quattro opportunità per il 4-4 e, alla terza possibilità, l’Argentina centra il break. Zeballos va a servire per il match e fa il suo dovere, tenendo l’ennesimo turno di battuta a zero della sua partita, vinta dagli argentini con il punteggio di 7-5 2-6 6-3.

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